Palazzo Archinto è un possente edificio, che può essere facilmente scambiato per un castello anche se non lo è, che si trova nel centro di Robecco sulla sponda del Naviglio Grande.
Edificato per volere del conte senatore Filippo Archinto, voleva essere per lui l’edificio più importante commissionato ad illustri architetti e maestranze e che avrebbe dato a lui e alla sua famiglia onore e lustro.
Purtroppo per il conte le cose andarono ben diversamente: banchiere e nobile, fu appassionato di arte e scienza (fondò l’Accademia dei Cavalieri) e si applicò, con pessimi risultati, a gestire il patrimonio della famiglia. Si dedicò all’amministrazione dei latifondi e all’edificazione di imponenti ed eleganti costruzioni che rimasero perlopiù incompiuti.
Oltre al castello di Robecco, possiamo infatti ricordare i progetti abbandonati del Palazzo Archinto – Pisani Dossi e corte Archinto a Corbetta.
Infine egli fece bancarotta e dovette quindi abbandonare l’opera. Alla sua morte, nel 1712, seguita da quella del fratello Cardinale Giuseppe arcivescovo di Milano, ogni committenza venne a mancare e per l’edificio iniziò un rapido declino, visto che la famiglia decise anche lo smantellamento dei due blocchi costruiti cominciando dall’ala nono terminata, probabilmente per riutilizzare i mattoni nella costruzione del loro palazzo di Milano.
Oggi a testimoniare l’antico progetto resta soltanto il blocco terminale di una delle quattro ali, con due torri merlate, ed è impressionante pensare che esso rappresenta appena un quarto di ciò che avrebbe dovuto essere l’intero complesso.
Fu l’architetto milanese Carlo Federico Pietrasanta a realizzarne i disegni tra il XVII e il XVIII secolo. Il progetto prevedeva quattro grandi palazzi, con un nucleo centrale di cinque piani e quattro ali laterali della medesima altezza. Due di queste, affacciate al Naviglio Grande, erano provviste di quattro torri merlate, mentre il lato verso il paese avrebbe avuto una grande esedra per accogliere le carrozze.
Infine il complesso sarebbe stato munito di due pontili sul Naviglio per consentire il passaggio e l’approdo delle barche provenienti da Milano.
Per Palazzo Archinto, inoltre, nel 1731 venne chiamato a lavorare il Tiepolo.
Di questa idea tanto ardita restano soltanto delle incisioni di Marc’Antonio Dal Re.