L’area archeologica del Monsorino è inserita nel Parco del Ticino ed è particolarmente importante in quanto viva testimonianza della Cultura di Golasecca, unico esempio di civiltà di età protostorica di questa zona. Essa si inserisce in un più vasto territorio caratterizzato da siti archeologici, con aree visitabili come il Parco nazionale delle Incisioni rupestri della Valcamonica (BS), l’area di Castelseprio (VA) o le grotte di Catullo a Sirmione (BS).
La necropoli di Monsorino è dislocata sul territorio del comune di Golasecca, non lontano da Sesto Calende. Si sviluppa vicino alle necropoli del Galliasco e delle Corneliane sulle colline moreniche in prossimità del Ticino. La zona fu oggetto di scavi che a partire dalla fine dell’800 portarono alla luce tre recinti funerari circolari, due di forma rettangolare e 46 tombe riunite a piccoli gruppi, probabilmente relativi a nuclei familiari. In esse furono rinvenute più urne cinerarie accompagnate da corredi composti da ceramiche e oggetti in bronzo e ferro che oggi trovano sistemazione, esposti e visitabili, al Civico Museo di Sesto Calende.
Fu l’abate studioso Giovanni Battista Giani il primo scopritore dell’area, che agli inizi del XIX secolo fece i primi ritrovamenti e che, però, interpretò erroneamente i circoli in pietra identificandoli come le basi delle tombe di un accampamento romano. Successivamente, invece, Pompeo Castelfranco diede un’interpretazione corretta al significato dei diversi Cromlech rinvenuti, scoprendo che essi appartenevano ad una civiltà ben più antica, ancora protostorica, appunto corrispondente alla Cultura di Golasecca, sviluppatasi in un periodo compreso tra l’IX e il V secolo avanti Cristo, corrispondente a tutta la prima età del ferro.
Tale civiltà, di origine celtica, si insediò nella Lombardia occidentale confinante con il Piemonte orientale, in un territorio compreso tra il Sesia e il Serio, essa fu contemporanea alla civiltà Etrusca ed alla Paleoveneta.
Sicuramente uno dei motivi che determinò lo stanziamento di questo popolo proprio in questa area fu la sua dislocazione strategica. I Golasecchiani, quasi sicuramente, infatti, regolarono i traffici e gli scambi di merci lungo i fiumi, richiedendo, probabilmente, anche il pagamento di un pedaggio. Inoltre, proprio grazie al trasporto su acqua, poterono far arrivare dall’area celtica materie prime come lo stagno ed il sale.
Durante l’età del ferro, quindi, tale civiltà divenne particolarmente fiorente proprio per la detenzione del controllo dei traffici commerciali, che permise il transito di prodotti preziosi come olio, vino, oreficerie, artigianati locali e le sopra citate materie prime.
A partire dal 1960 circa, la Società Gallaratese di Studi Patri iniziò un’importante opera di ripristino dell’area ampliando il sito con ulteriori ritrovamenti.
I Cromlech molto raccontano dell’aspetto spirituale di questo popolo, particolarmente attento alle costellazioni verso cui queste tombe megalitiche sono rivolte. Essi risalgono all’VIII e al VII secolo avanti Cristo e, grazie ai tipi di reperti ritrovati, testimoniano un rito di sepoltura a cremazione.
Oltre a queste tombe di grandi dimensioni composte da ciottoli fluviali, con un diametro della base tra i 5 ed i 9 metri, negli anni’80 è stata rinvenuta in un’area sottostante, una vasta necropoli composta da 46 sepolture di cui due appartenenti a guerrieri, attestanti la presenza di una aristocrazia guerriera, parte, con ogni probabilità, di una scala sociale ben definita.
A partire dal nuovo millennio l’area è divenuta proprietà demaniale ed è stata aperta al pubblico con una importante inaugurazione il 20 aprile 2002. Attraverso visite guidate in collaborazione con la Pro Loco di Golasecca, l’allestimento nell’area di pannelli esplicativi, il visitatore potrà conoscere meglio un pezzo di storia di questo territorio intimamente intrecciato con la storia italiana ed europea.
Come arrivare
Per visitare gli scavi bisogna percorre il sentiero che parte da viale Europa nel punto in cui incrocia la ciclabile del lungo fiume, proprio all'altezza del cavalcavia dell'A8. Il sentiero si inerpica sulla collina ed è segnalato da un cartello del Parco del Ticino posto all'ingresso.